Emy77 ha scritto:Quando questa prassi del far entrare nelle forze armate gli atleti non era ancora così consolidata, i nostri olimpionici degli sport "poveri" dovevano prendersi le ferie per andare a fare le olimpiadi e vincere medaglie d'oro (gli Abbagnale e Maenza i primi che mi vengono in mente), con il rischio di non ottenere queste benedette ferie (uno degli Abbagnale, poi per fortuna gliele hanno date e hanno vinto l'ennesimo oro): in un mondo perfetto un atleta di alto livello che vince medaglie dovrebbe poter vivere da pro grazie alla sua bravura nello sport; nella nostra miope Italia se l'unico modo per praticare sport ad alto livello e vincere medaglie è far arruolare tutti, ben venga questa usanza.
Però che poi non si chieda di detassare i premi, che se no ad incazzarsi sono tutti gli altri che per uno stipendio spesso e volentieri + basso di quelli dell'esercito non possono timbrare il cartellino e poi andare in piscina/pista/pedana ad allenarsi, ma gli tocca stare in ufficio/fabbrica/negozio e nessuno gli dà nememno una medaglia di cioccolato!
Il nostro rugby mi sembra un ibrido, nel senso che in quella che sarebbe la sua massima espressione, cioè il S10 (pensate come stiamo messi!), c'è un professionismo che consente di sopravvivere giocando (e quindi già si sta meglio rispetto agli sport che tante soddisfazioni danno alle olimpiadi ma che quasi nessuno nei rimanenti 3 anni e 350 giorni caga di striscio), ma allo stesso tempo non tanto da dare almeno un briciolo di certezza per il futuro (un giocatore medio credo guadagni circa quanto un impiegato, con il problema di non avere un contratto solido e stabile e l'aggravante di una carriera comunque breve se rapportata ad una vita).
Tornando all'argomento della discussione, sbaglio o si tratta di una prassi destinata agli sport individuali? (anche vedendo le discipline citate prima)
Emy ciao. Beh, negli anni ottanta (quando gli Abbagnale iniziarono a costruire la propria leggenda) la prassi era in realtà ben consolidata, ma non riguardava tutte le discipline del programma olimpico. Il canottaggio, per ragioni storiche che sarebbe troppo lungo enucleare ed analizzare, aveva sviluppato la propria attività grazie a circoli non orbitanti nell'area militare (va ad esempio ricordato che una delle medaglie d'oro più emozionanti della storia olimpica venne conquistata a Melbourne nel 1956 dal quattro con, era formato da quattro atleti della Moto Guzzi, società lariana che si avvaleva della straordinaria consulenza dell'ingegner Giulio Carcano). I vincitori della medaglia d'oro nel due con a Città del Messico 1968 (i trevigiani Baran e Sambo, col quindicenne Cipolla, nato a Cuneo, timoniere) erano tesserati per la Canottieri del Sile e gli Abbagnale erano membri del Circolo Nautico di Catellamare di Stabia. E' vero che negli ultimi anni, con la recessione economica in atto e con la crisi del totocalcio, autentico motore erogatore di fondi per le discipline che non fossero il calcio, i gruppi sportivi militari hanno rappresentato per molti atleti potenzialmente o effettivamente di vertice l'unica opportunità di coltivare determinate ambizioni con un minimo di sicurezza economica garantita.
E' vero che sono stati gli sport individuali o non propriamente inseribili nella casella "di squadra" ad essere stati privilegiati nei suddetti gruppi sportivi dei corpi militari, ma non bisogna dimenticare, oltre alle squadre di rugby alle quali ho ieri fatto cenno, la squadra di pallanuoto della marina militare, che arrivò a giocare in seconda serie, con sede a La Spezia e piscina di gioco a Lerici ed anche l'Astrea, la squadra di calcio delle Fiamme Azzurre (polizia penitenziaria), che ha militato a lungo in C2 e ha avuto, tra i suoi allenatori, anche l'ex laziale Agostinelli.